Lovecraft e il genio macabro del metal
- 13 mag
- Tempo di lettura: 3 min
di Maria Grazia Porceddu

Eccoci alla fine dell’affascinante percorso che ci ha portati a conoscere più da vicino l’influenza di Lovecraft nel metal. In questa sorta di recap finale ritroverete le principali vibes metal che lo scrittore americano, noto per le sue storie di horror cosmico, ha instillato in molti artisti che hanno tratto nutrimento musicale dalle sue atmosfere oscure e i suoi mostri extraterrestri.
Da una rapida analisi abbiamo compreso che i generi metal più influenzati da Lovecraft sono senz’ombra di dubbio alcuno black metal e death metal.
Per chi non avesse confidenza con queste varianti del genere, il primo predilige, in termini sonori, riff pesanti e distorti, ritmi veloci e complessi, vocali gutturali e assoli di chitarra e tratta tematiche oscure come morte, violenza, horror e mitologia con testi spesso espliciti e brutali.
Il secondo, invece, si basa più su un suono grezzo e lo-fi, riff veloci e tremoli, vocali urlate e stridule, atmosfere cupe e oscure con temi satanici e anticristiani, mitologia e folklore, oscurità, morte e decadenza.
In poche parole, tutti temi e suggestioni che ritroviamo nell’universo di Lovecraft.
Nelle precedenti uscite (1 e 2), ho parlato di influenze che vanno da album o brani chiaramente ispirati dal genio lovecraftiano con rimandi, omaggi o citazioni dirette, a suggestioni o influssi estetici nelle band.

Vi ho raccontato, tra gli altri, degli Iron Maiden, band che lo ha omaggiato in vari modi, tra cui l’epitaffio di Eddie sulla copertina dell’album Live After Death con una frase tratta da The Nemeless City di Lovecraft: “Non è morto ciò che può vivere in eterno… e col passare di strani eoni anche la morte può morire.”
Dei Black Sabbath, che nel 1970 pubblicarono Behind the Wall of Sleep, una canzone del loro album di debutto. Scritta da Ozzy Osburne, Tony Iommi, Geezer Butler e Bill Ward, il brano si ispirerebbe all’omonimo racconto di Lovecraft Beyond the Wall of Sleep (Al di là del muro del sonno). Non dimenticando The Writ, canzone inserita nell’album Mob Rules (1981) in cui si parla di un’antica profezia che prevede la fine del mondo e il ritorno degli antichi dei, riferimento a temi cari alla mitologia lovecraftiana (Necronomicon).
Ma è in chiave black/death metal che l’universo di Lovecraft ha condizionato e continua a condizionare la produzione musicale di cantanti e band.
La volta scorsa vi ho parlato dei Mayhem, a proposito di estetica lovecrftiana, ma ci sono anche: Darkthrone, Nile, Cephalotripsy. E in tema progressive metal, band come Opeth e Tool, con i loro testi oscuri e cosmici, atmosfere cupe e inquietanti, riferimenti a mostri e divinità lovecraftiane.
Nello specifico sottopongo alla vostra attenzione questa serie di album in cui trovano spazio elementi simbolici e cosmici chiaramente riconducibili alla mitologia lovecraftiana:
Darkthrone con Transilvanian Hunger (1994);
Nile con Amongst the Catacombs of Nephren-Ka (2000);
Cephalotripsy con Halls of Amenti (2017);
Opeth con Pale Communion (2014);
Tool con Lateralus (2001).
Mi fermo qui ma non è tutto. C’è un’intera discografia da scoprire e approfondire e chissà che non si ritorni nell’universo di Lovecraft per tirare fuori altri spinti interessanti.
Per ora mi fermo qui.

Altro giro, altra coppia musical/letteraria.
Non perdetevi la prossima uscita.
Altre due penne da urlo!!
Transilvanian Hunger





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