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LA FOTO DEL MATRIMONIO

  • 4 mag
  • Tempo di lettura: 5 min

foto e testo di Max Chianese
foto e testo di Max Chianese

Azam e Ayna si videro per la prima volta in aeroporto, era una giornata con un sole violento e aggressivo, da fine del mondo.

La ragazza, prigioniera dell’attesa, continuava a guardare il quadrante del suo orologio, l’aereo di lui era in ritardo di oltre un’ora, i suoi pensieri viaggiavano verso lidi misteriosi, cosa sarebbe cambiato nella sua vita? Era finalmente quello l’incontro che aspettava da anni?

Lui invece cercava di sistemarsi per apparire più bello che mai, le sue mani passavano ripetutamente nei suoi capelli, e se non le fosse piaciuto? Ayna era un miraggio di grazia, una bellezza antica e lui, da povero mortale, sarebbe bastato?

 

Poi, in quell'istante sospeso, i loro occhi si incontrarono.

E si riconobbero.

 

Sembrava come se si conoscessero da tanto tempo, a volte capita, non si sa se fu l’effetto di vite passate o un ricordo primordiale che la carne ricorda, ma entrambi ebbero la certezza di essersi già incontrati prima.

Naturalmente non se lo dissero in quel primo incontro per non sembrare due svalvolati, il pudore che entrambi custodivano ebbe la meglio.

Lo sguardo di lui cadde su un particolare che non fu insignificante, ma decisivo, un cerchietto rosso tra i capelli di lei, una fragile corona che le cingeva il capo, donandole un'aura inaspettata di regalità.

Pur essendosi scambiati messaggi, video, foto per oltre quattro mesi erano entrambi ansiosi di come sarebbe stato vedersi dal vivo. E se si fossero detestati? Potevano anche non piacersi, accade frequentemente che ci sia una forte discrepanza dall’idealizzazione alla concretezza, ma questo non accadde.

Quando si videro, con passo lento e guardingo si avvicinarono e poi si abbracciarono, timidamente, dandosi un bacio innocente sulla guancia.

La lunga attesa era finita: si erano finalmente trovati.

 

Azam arrivava dalle terre alte del Tagikistan, un paese dell’ex blocco sovietico, ed era nato nel 2000.

Aveva concluso l’Università brillantemente e si apprestava a diventare notaio, seguendo le orme di famiglia, un cammino segnato dal suo bisnonno e lui dopo quattro generazioni, non poteva che proseguirlo.

Era nato a Sarytag, una città da favola che si affaccia sul lago Koulikalon, anche se lo studio di famiglia dove già lavorava da apprendista, era nella città di Dushanbe, la capitale.

Il ragazzo amava la sua città, in pochi minuti poteva arrivare sulla M41, una delle strade più alte del mondo, quando arrivavi alla sua vetta ti trovavi a circa a 7000 metri d’altezza e quello che vedevi sembrava più un paesaggio lunare che terrestre. “Un balcone sul tetto del mondo”, così lo chiamavano.

Estraniarsi da tutti, dal lavoro, dagli impegni, di tanto in tanto, era sempre stato una sua necessità, il suo spirito ne aveva bisogno.

 

Ayna invece arrivava dall’Uzbekistan, un altro paese dell’ex Unione Sovietica e studiava chimica presso l’Università di Samarcanda, la città dove era nata nel 2002 e dove aveva sempre vissuto.

Nonostante il benessere familiare, i confini del suo paese erano stati la sua unica geografia.

Lei amava tutto di quel luogo, la sua sacralità, i numerosi tempi, moschee e mausolei, ma anche le zone nuove dove i giovani potevano divertirsi in locali e discoteche.

La sua non era una famiglia di viaggiatori, ma più di scienziati, il padre e la madre erano due fisici, insegnanti universitari e grazie al suo futuro nella chimica, anche lei avrebbe proseguito nella tradizione dei suoi genitori.

 

Entrambi i paesi avevano una tradizione millenaria che diceva che quando una donna e un uomo si incontravano e avevano intenzioni serie dovevano regalarsi una poesia del proprio paese. Il loro primo dono doveva essere un verso, un'eco poetico della propria terra.

 

Per chi pensa che il tagico e l’uzbeco siano due lingue simili, essendo paesi confinanti, non si può essere più lontani dalla verità, la lingua del Tagikistan è assimilabile al farsi iraniano e molta della letteratura tagika nasceva dal sommo poeta Rudaki, questa una delle sue poesie più famose, “Il bacio”, la poesia che Azam regalò alla sua futura sposa.

 

Lei è venuta da me questa notte

e l'alba non era chiara...

Lei è venuta ed aveva paura

che qualcuno potesse vedere.

Di suo padre aveva paura,

di nascosto era venuta...

Nella notte era fuggita

per venire a dormire con te.

È venuta con la paura

che suo padre avesse saputo...

La sua casa aveva lasciato

per venire a dormire con te.

Lei è venuta, io l’ho baciata

ed era dolce il suo bacio.

L’alba era chiara ed ho baciato

quella sua morbida bocca.

 

L’uzbeko invece era un miscuglio stratificato di suoni provenienti da lingue diverse, turche, arabe e russe, come il tagico anche l’uzbeko era parlato solo nel suo paese.

Ayna era cresciuta con una passione sfrenata per la letteratura, scriveva poesie dall’età di cinque anni e aveva pubblicato un libro di poesie con lo pseudonimo di Tuliyeva Sarvinoz. Il motivo per cui non voleva firmare col suo nome le era ben chiaro. In quei versi parlava la sua anima e andava protetta, non poteva rischiare che qualcuno confondesse la scienziata integerrima e decisa con le fragilità del suo cuore. Questa la sua poesia:

 

Consola il cuore amato,

inganna che verrai.

Mi limiterò a farlo

andremo anche al campo di tulipani.

Il cielo sa che mi manchi,

la pioggia cade dalla sua fronte.

Pazienza messa alla prova sulla mia spalla

una vena sta sparando in profondità.

Il mio cuore è con te,

supera i desideri.

Forse oggi, forse domani

rompi le barriere.

 

I due ragazzi non conoscendo la lingua dell’altro, avevano sempre comunicato in inglese, una lingua straniera che però era stata ufficializzata dai loro governi come seconda lingua e così lessero e rilessero più volte quei versi, parole straniere che si fecero ponte tra cuori affini, rivelando una sintonia di sentimenti così profonda da disarmare ogni incertezza, un'unica melodia vibrante all'unisono.

 

Le settimane si fusero in mesi, i mesi in anni, tessendo una trama invisibile di affinità che li stringeva in un solo destino. E poi, il giorno promesso sbocciò come un fiore raro: il loro matrimonio.

 

Azam e Ayna non amavano farsi fotografare e ritenevano che quel momento dovesse rimanere nel loro cuore piuttosto che dentro dei file anonimi, degli insignificanti jpeg, così decisero che come ricordo per quel giorno speciale, avrebbero scattato delle foto nel giorno che lo precedeva, affidando a uno scatto il compito di farsi custode del loro "sì" eterno.

 

Fu la mano di Ayna a catturare quell'attimo inatteso.

 

Un uomo saliva gradini incerti, la figura stagliata contro la luce, un'ombra enigmatica, solo una silhouette si intravedeva.

Poi, quasi a sorpresa, una piccola testa si affacciò accanto alla sua, rivelando un segreto tenero: un bimbo avvolto in un abbraccio protettivo. Un corpo solo, eppure doppio.

Quando i loro occhi si posarono su quella singolare immagine, un muto consenso sigillò la loro scelta. Quella sarebbe stata la reliquia del loro amore nascente.

Non una madre che dona la vita, ma un padre che la proteggeva. In quella scala da ascendere insieme, in quel piccolo essere nascosto eppure presente, riconobbero il presagio del loro cammino.

 

Per tutta la loro esistenza, ogni volta che l'ombra del dubbio o la tempesta delle difficoltà si addensava sui loro cuori, ritrovavano rifugio in quella fotografia. Cercavano nuovi significati in quel padre, in quel figlio e in quella scala infinita. L'immagine muta parlava loro un linguaggio segreto, rinnovando la promessa del loro amore, custodito gelosamente come un talismano prezioso contro l'usura del tempo.

2 Comments


Unknown member
May 15

Dai, ma che bello!

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Unknown member
May 04

Bello!

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