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IL CRITICO CINEMATOGRAFICO


foto e testo di Max Chianese

Tendenzialmente chi parla di un argomento, ne è esperto in qualche modo. Questo forse lo si poteva sostenere fino ad una trentina di anni fa.

Oggi non capita più.

Tutti parlano di tutto e basta avere una conoscenza anche superficiale di una materia per potersi definire delle persone competenti. Mio nonno, per esempio, dopo aver visto un documentario sui pinguini, si è recentemente autoproclamato ornitologo marino iniziando a dispensare consigli su come allevare pinguini nel proprio giardino.

Ma volendo anche in terrazzo, se le dimensioni lo consentono.

Per chi è interessato potete andare a visitare la pagina osvaldotispegatuttosuipinguini.com

 

Ernesto era invece da sempre un appassionato di cinema, ma in realtà non ci capiva una mazza.

Originario di un paesino dell’Aspromonte e trapiantato a Milano, Lui non esprimeva giudizi o recensioni, Lui aveva la verità in tasca e la sventolava con l'aria di chi aveva decifrato i geroglifici egizi per la prima volta.

Se un film non gli piaceva, lo definiva "una minchiata colossale", e se gli piaceva, era "un capolavoro assoluto, un'opera d'arte che avrebbe cambiato il corso della storia del cinema".

La sua passione più grande, però, non era tanto analizzare i film, quanto collezionare figurine dei protagonisti. Aveva una collezione talmente vasta che occupava mezza parete del suo salotto, e sosteneva che gli attori più dotati di sempre non erano gente come Orson Welles o Sir Laurence Olivier, ma Franco Franchi e Ciccio Ingrassia.

Guai a contraddirlo, ti fulminava prima con lo sguardo e poi ti riempiva di male parole, quasi sempre in modo velato, nascosto, mai davanti a te, appena giravi le spalle.

A Milano, dove il cinema d'autore o vintage (o porno) era sempre di moda, Ernesto si presentava alle anteprime, arrivando con la sua bicicletta scalcagnata, con un cappello da capostazione e il classico maglioncino nero da mimo, pronto a difendere l'onore di spaghetti western e commedie all'italiana.

Se qualcuno gli citava Bunuel, Lui attaccava con Giovannona Coscialunga e davanti alla Nouvelle Vague, a Truffaut e Godard, preferiva di gran lunga Bud Spencer e Terence Hill.

Molti pensavano che la sua fosse una posa intellettuale, ma in realtà era pura stupidità e profonda ignoranza.

Il film che detestava più di tutti era: 2001-Odissea nello spazio.

Non riusciva a capacitarsi che a qualcuno piacesse veramente, quegli scimmioni che si agitavano così tanto per un parallelepipedo nero, quelle musiche classiche usate a sproposito, ‘sto computer che si ribellava agli umani per chissà quale motivo, tutta robaccia senza senso. E poi dov’erano le riprese coi droni, così essenziali per dare un senso estetico ad un film?

Naturalmente era del tutto ignaro che nel 1968 non esistessero ancora riprese dei droni, ma per Lui il cinema nasceva quando lo guardava Lui, mica quando era stato girato.

Adorava tutti i film della Marvel, la possenza di Thor, l’audacia di Capitan America, la forza di Hulk, il fascino di Doctor Strange, che essendo un po’ più complicato era forse quello che gli piaceva meno.

Se avevano incassato miliardi di euro era perché erano belli, questa era la sua logica per capire il mondo della celluloide.

Prima di esprimere un qualsiasi giudizio su un film andava a vedere gli incassi e qualche recensione su qualche blog idiota, poi parlava.

Non aveva mai un giudizio suo, un' emozione vera, un' idea sua, riportava semplicemente le idiozie di altri.

Un po’ i suoi gusti si riversavano anche nei programmi televisivi che guardava, “C’è posta per te” era il suo programma preferito, davanti a quelle storie di vita vera non riusciva mai a trattenere le lacrime e spesso correva in bagno per non farsi scoprire da moglie e figli, che lo avrebbero preso per ciò che era veramente: un cretino.

La sua era una sensibilità da quattro soldi, quella che porta a fare volontariato chi non è in grado di occuparsi della sua vita o da chi non andrebbe mai da uno psicoanalista perché tanto è tempo perso, tanto non serve, lamentandosi sempre che il nostro, il belpaese è una nazione che non riconosce la cultura, i veri artisti, come Lui naturalmente.

La moglie lo aveva sempre considerato un semiidiota, ma all’inizio aveva visto di buon cuore questa sua passione di collezionare le figurine dei protagonisti dei film, poi piano piano quando si era accorta che per Lui era una ossessione (“Come si fa ad averla per delle figurine!!!!” si chiedeva tra sé e sé continuamente) iniziò a pensare che qualcosa non andava.

Era pure andata da un avvocato per chiedere la separazione, ma quando dopo un’attenta analisi le avevano detto che quell’uomo non sarebbe riuscito mai a versare a lei e ai loro figli degli alimenti, aveva rinunciato, in questo modo accettando il fatto che avrebbe passato la vita con un imbecille.

Furono tutti sorpresi quando un giorno il primogenito Denzel, di soli undici anni, andò in cucina a prendere il trinciapollo per dirigersi nella camera da letto del suo amato papà per iniziare a tirare precisi fendenti sul corpo del padre fino a quando il sangue smise di spruzzare da tutti i pori e tinteggiare la stanza, decretando il “The end” terreno che meritava quel personaggio assurdo.

La madre, nonostante le urla assordanti, era completamente focalizzata nella sua settimana enigmistica, diciannove orizzontale, testicolo, parola di otto lettere che iniziava con la C e finiva con le E.

Ce l’aveva sulla punta della lingua.

 

Quando la polizia arrivò per arrestarlo il ragazzo disse solo queste parole:

“Era dallo straripamento del Pecos che non vedevo così tanto sudiciume”.

Gli appuntati Esposito e Baldanzello, al loro primo arresto importante e consci che sarebbero prima o poi stati intervistati dalla “Vita in diretta” non seppero interpretare quelle parole che per anni furono analizzate da criminologi di tutta la televisione italiane, senza alcun esito però.

 

Dall’alto della sua nuvoletta intanto Ernesto sorrideva. Sì, suo figlio lo aveva massacrato e non era stata una cosa carina, ma “Era dallo straripamento del Pecos che non vedevo così tanto sudiciume” restava una delle sue citazioni preferite di “Continuavano a chiamarlo Trinità”, chissà se ci sarebbe stato modo nell’altro mondo di incontrare il vecchio Bud!

Così, un sorriso ebete lo accompagnò per il resto dell’eternità.

2 commenti

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LEV

2 Comments


Unknown member
Nov 24

Sono andato a vedere osvaldospegatuttosuipinguini.com e non lho trovato. Peccato volevo dei consigli.

Oltre a questa notizia falsa che voi benpensanti chiamate facce mi rendo conto che hai parlato di me chiamandomi Ernesto.

Ho sempre odiato i nazisti dell'Ilinos , Bugnuel, Codard e Truffato! E ieri sera mi sono goduto Lo chiamavamo Trinità

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Unknown member
Nov 24
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Non avrei mai parlato di te in questi termini, anzi tu fai l’opposto, il “critico cinematografico” del racconto pensa sempre di avere ragione, tu non lo diresti mai. E poi i “nazisti dell’Illinois” fanno parte di quel cinema alto che lui non capirebbe mai, non avendo il senso dell’umorismo!

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