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FEDERICO NELLA GIUNGLA


foto e testo di Max Chianese

Anni ‘90 giungla dell’Africa orientale.

“Su allora ci svegliamo?” furono le prime parole della scimmia Kala, pronunciate all'alba.

In quel risveglio della natura con i raggi del sole che iniziavano a filtrare tra le mangrovie, l’arancione con una prepotenza inusuale dominava sugli altri colori e un fascio di luce entrò anche nella capanna dove l’uomo viveva.

“Tutte le mattine la stessa storia, razza di pigrone!” aggiunse la scimmia.

“Ancora cinque minuti e poi mi alzo. Non devo mica andare in fabbrica a lavorare, santo iddio!”

 

Mentre Federico scarabocchiava le sue prime idee, un ghigno gli si allargò sul volto. Un Tarzan anziano? Che follia! Sembrava un bambino che avesse appena scoperto un gioco nuovo e assurdo.

 

Federico era nato il 20 gennaio 1920, mentre Tarzan era apparso per la prima volta nell’ottobre del 1912 nel romanzo “Tarzan delle scimmie” (Tarzan of the apes) di Edgar Rice Burroughs.

Si potrebbe dire che i due fossero quasi coetanei, con soli otto anni di differenza!

Gli acciacchi fisici che il settantenne Federico provava e la sua poca voglia di alzarsi la mattina diventarono una delle caratteristiche dell’ottantenne Tarzan.

 

La scimmia Kala se n’era già andata e Tarzan che non viveva più su un albero da quella caduta rovinosa che l’aveva costretto a letto con la gamba ingessata (di foglie di platano), mise sulla piastra ad induzione il bollitore per farsi un tè verde, essendo da sempre un convinto ecologista.

 

Sul suo tablet iniziò, come tutte le mattine, a leggere i più importanti quotidiani del posto, il “Corriere di Brazzavile” e “Famiglia Cristeliana” l’organo di stampa della religione dei cristeliani, una derivazione della chiesa marcionita, che, credetelo o no, nacque grazie ad un vescovo e teologo greco di nome Marcione.

 

Federico, intento a scrivere questo racconto iniziò a pensare alle prime cose che aveva creato e così gli venne in mente LA STRADA.

In quella storia un uomo violento, Zampanò, compra la giovane Gelsomina per diecimila lire e la usa per fargli da spalla durante i suoi spettacoli.

 

Tarzan, sempre pronto a difendere gli animali, decise di unirsi alla protesta contro il circo.

Vedeva nei proprietari del circo la stessa violenza di Zampanò e negli animali sfruttati e usati la stessa innocenza della dolce Gelsomina.

“Finalmente posso usare la mia voce per una giusta causa!” esclamò, pronto a ruggire contro le ingiustizie.

 

La casa di Federico in effetti ricordava una giungla nel suo attico romano, pieno di piante tropicali, sembrava un vero e proprio zoo. Il suo gatto, un vanitoso micione di nome Toby, giurava di essere un incrocio tra una leonessa e un gatto Maine Coon. E chi poteva contraddirlo?

Con quelle pose da divo del cinema e quelle storie che si raccontava, sembrava più un attore che un felino.

E e poi c’era Nino, il pappagallo cenerino che iniziava a ballare e fischiare solo quando ascoltava le musiche del fidato compositore Nino Rota.

Più che un prodigio era un riflesso condizionato, visto che l’uomo ascoltava in modo ossessivo sempre quelle musiche facendo dondolare il capo seguendo il ritmo.

In giardino invece girovagava Gradisca, una enorme tartaruga, Federico spesso camminava con passo lentissimo accanto a lei, la guardava negli occhi fissandola per cercare di carpire il segreto di quell’animale, che sembrava arrivare direttamente dal mesozoico.

Uno dei motivi per cui Federico aveva un pappagallo e una tartaruga, il gatto gliel’aveva regalato la moglie Giulietta, era per la longevità che queste specie hanno. Sicuramente sarebbero sopravvissute a lui, sia i pappagalli cenerini che quel tipo di tartarughe, vivono oltre gli ottant’anni. Federico non amava molto le perdite, i distacchi.

 

Il re della giungla, si diresse verso la sua auto elettrica. Un'impresa titanica, dato che trovare una colonnina di ricarica era come cercare un’anguilla in un fiume di gelatina. Ma Tarzan non si scoraggiò: agganciò un paio di gnu al suo veicolo e si fece trainare fino in città.

A metà strada, sentì un'irrefrenabile sete. Si fermò al primo bar che vide e ordinò un doppio scotch. Il barista, conoscendo la fama dell’uomo, lo servì subito.

"Per lei, uno scotch in più o in meno non fa differenza," sorrise il barista, alludendo al fatto che Tarzan non era proprio un campione di sobrietà.

Arrivò al circo, ma il suo smartphone, ormai più vecchio di lui, non aveva segnale. Niente email, niente messaggi, niente indicazioni sull'appuntamento. Tarzan si sedette su una panchina di fronte all'ingresso del circo e iniziò a osservare i passanti. "Chissà se riconoscerò i miei compagni di lotta," pensò, ricordando le lunghe chat su WhatsApp dove nessuno aveva mai mostrato la faccia. Decise di aspettare, pronto a scatenare il suo ruggito contro il circo, anche se non sapeva esattamente contro chi e cosa dire.

Mentre aspettava, finalmente una voce lo riconobbe “Tarzan! Tarzan! Sei tu vero?” disse la voce.

“Perdinci se sono io” rispose il vecchio uomo.

Era un ragazzo che lo stava chiamando e così gli andò incontro e lo abbracciò.

“Vieni, dai, vieni dentro”, il ragazzo lo portò dentro il circo.

Tutte le persone si bloccarono dai loro esercizi di riscaldamento e andarono verso il vecchio Tarzan, che era abbastanza ignaro di ciò che stava accadendo.

Un uomo con i baffi, il direttore del circo, parlò “Ma veramente lei è venuto qui per noi?”

“Certo, uomini e animali sono sempre stati la mia passione, anche se devo dire la verità amo più i secondi dei primi” rispose Tarzan.

“Allora stasera faremo capire a tutti che noi amiamo gli animali e che senza di noi chissà dove starebbero ora!”

 

Tarzan sorrise.

Effettivamente era un po’ rincoglionito.

 

“La potremmo mettere nella gabbia dei leoni, non credo che a lei serva frusta e chi la protegge, che dice?”

“In tanti anni di giungla non li ho mai usati, vi avevo già detto che avrei appoggiato volentieri la vostra causa e lo farò!”

“Guardi…” aggiunse il direttore del circo “io avrei scritto questa breve lettera se le va di leggerla”!

“Ma certo le leggo volentieri”.

 

E così lo spettacolo iniziò.

Intanto dall’esterno si sentivano gli schiamazzi degli animalisti che si attivarono lo stesso pur in assenza dell’ospite famoso che avevano invitato.

 

Federico iniziò ad ipotizzare diverse variabili su come proseguire la storia, in una di queste i leoni azzannavano Tarzan appena entrato nella gabbia recidendogli la gola e le sue ultime parole furono “animaaaaaali dimmerda…”, ma lo trovò decisamente fuori luogo anche se forse era il finale che avrebbe voluto.

In un’altra versione i leoni lo inseguivano per tutto il circo e lui impaurito si rifugiava su un albero dove iniziava ad urlare “voglio una donnaaaaa!”, ma nessuno avrebbe capito il perché di quella battuta.

Così trovo il finale che lo soddisfaceva.

 

Tarzan entrò nella gabbia dei leoni e questi iniziarono a rotolare a terra come dei gattoni di casa facendosi fare grattini sulla pancia come dei cuccioli di siamesi.

“Amici cari” (era il testo del proprietario del circo)

“qual è la differenza tra voi che siete qui a rotolare per terra e a fare questo spettacolo con me e altri felini, forse un po’ più piccoli che vivono in appartamenti di dieci metri quadrati?”

“Non c’è nessuna differenza, ve lo dico io, se non l’ipocrisia!”

“Tutti hanno oramai accettato da secoli di castrare, sterilizzare, far ingrassare, far giocare con degli stupidi gomitoli di lana degli animali della stessa razza, felini, come questi bei leoni che sono qua? E chi ha deciso questo se non l’uomo?

Quindi rispondete voi chi è più ipocrita?

Noi o voi o quegli scalmanati che fuori si battono contro gli animali da circo, vivendo loro stessi in un circo più grande del nostro?”

 

Non arrivando nessun applauso, Tarzan non trovò di meglio che fare se non con il chiudere il discorso con il suo caratteristico urlo da re della giungla: Aaaaaaaaaaaaaa!!!”

E il circo venne giù con un applauso che fece tremare la terra al punto che tutti gli animali arrivarono al centro della pista con Tarzan in mezzo.

Il faro ad occhio di bue si spense e nel buio Tarzan sparì per sempre.

 

Federico era soddisfatto dell’impalcatura della sua storia, così andò a dare da mangiare al pappagallo Nino, qualche semino di girasole che all’animale piaceva tanto e gli fece dei grattini sulla testa.

 

Solo pochi ricordano che, nel crepuscolo della sua vita, Federico Fellini accarezzava un sogno intimo: un ultimo film, un'ultima magia cinematografica.

Lo raccontò su un palco ricevendo il suo ultimo premio come riconoscimento ad una carriera straordinaria.

Vedeva Marcello Mastroianni, il suo alter ego sullo schermo, nei panni di un Tarzan malinconico, un re della giungla consumato dal tempo. Un'immagine poetica, un'ultima carezza al cinema, un'opera che, purtroppo, rimase solo un'eco in un cuore che batteva sempre più piano. Per due anni, il Maestro bussò a molte porte, cercando un produttore che credesse in quel sogno. Ma il mondo dello spettacolo, spesso miope e interessato solo ai numeri, non seppe cogliere la bellezza di quell'ultimo desiderio.

 

La camera ardente per la morte del grande Federico Fellini fu allestita nello storico Studio 5 di Cinecittà, quei produttori presenziarono tutti, in fila a sfiorare con le loro mani la bara del Maestro, senza alcun senso di vergogna.

7 Comments


Unknown member
Nov 06, 2024

Ma che bella la caratterizzazione dei personaggi!

Bravo Max!

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Unknown member
Nov 03, 2024

Bello, bravo!

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Unknown member
Nov 03, 2024
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Grazie Antonio, sempre gentile!

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Unknown member
Nov 03, 2024

Tarzan vecchio e Famiglia Cristiana.... Ahahahah.... Bello con alla fine il colpo di scena. Anche questo è l'incipit di un film. Bravo!

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Unknown member
Nov 03, 2024
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Ma il vescovo Marcione e la religione dei marcioniti è esistita veramente!

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Unknown member
Nov 03, 2024

Max, che bel racconto!!Visionario, ricco di luci ed ombre, fantastico e immaginifico.Che dire complimenti !!!

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Unknown member
Nov 03, 2024
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Grazie Antonio, sono molto contento che ti sia piaciuto! Un caro abbraccio e a presto!

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